- Ritornare ALLA CENTRALITA’ della parola
Tutta la Chiesa, popolo di Dio, è sottomessa alla Parola (DV 1 e 21), quella scritta e quella tramandata nella tradizione vitale. Attraverso la sua Parola, Dio si intrattiene con gli uominicome con amici, per invitarli alla comunione con sé e far conoscere il suo disegno di salvezza (DV 2). I molti modi con cui essa si manifesta trovano in Cristo il centro (Eb 1,1-2): egli è il messaggio di Dio per gli uomini e porta a compimento l’opera della salvezza affidatagli dal Padre; in quanto Parola fattasi carne, e per aver condiviso in tutto la nostra condizione umana, in Cristo «trova luce il mistero dell’uomo» (GS 22).
L’ispirazione, intesa come Parola scritta, frutto dello Spirito, ma anche Parola “ispirante”, che agisce con la forza dello Spirito, richiede lettori animati dal medesimo Spirito che ha generato la Scrittura. Ne consegue una lettura “ispirata” della Parola, che genera la fede e permette un annuncio profetico (cf. Sir 24,30-34).
Essa accentua l’importanza dell’interpretazione – attualizzazione, una Parola che diventi valida per l’oggi: «Oggi per voi si è compiuta questa parola» (Lc 4,21) e diventi risposta alla domanda di senso che inquieta la nostra generazione. La Parola di Dio ci confronta con la storia, e ci educa a leggere i segni di Vangelo per creare un annuncio efficace; nello stesso tempo provoca la storia e si pone in modo critico di fronte ad essa, alla ricerca di un “oltre”, di nuove visioni del mondo e dell’uomo, di nuove prassi.
Questa prospettiva pone in primo piano il valore dell’ascolto come stile di Chiesa, perché la Parola, dopo essere stata profondamente interiorizzata, diventi “anima” della teologia, della predicazione, della catechesi, della pastorale (DV 24). All’ascolto occorre educare ed educarsi, in modo che la Parola orienti «a comportarsi da cittadini degni del Vangelo» (Fil 1,27); a vivere la fede come risposta ragionata alla chiamata di Dio; ad aprirsi a tutte le persone che cercano spazio per una riflessione, anche se aventi riferimenti culturali diversi dall’ambito della fede. L’ascolto rende i credenti pronti a «portare le ragioni» della propria speranza, «con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza» (1 Pt 3,15-16).
L’ascolto chiede anche apertura all’altro, in un confronto schietto e leale tra persone adulte (compresi i pastori), che riflettono, propongono e possono anche dissentire. All’interno della Chiesa esso porta a superare l’autoreferenzialità e apre un confronto autentico ricordando che tutto «il popolo santo di Dio partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo» (LG 12). L’ascolto forma la dimensione relazionale del credente e lo addestra a «conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e la sua indole spesso drammatiche» (GS 4).
La Parola si presenta in tante forme. Nata da una ricchezza di esperienze, si realizza in altrettanta ricchezza e varietà, con più risposte possibili di fronte alla complessità della realtà e della storia. L’Eucaristia domenicale è momento centrale per l’ascolto fedele. In essa Cristo stesso «parla al suo popolo e il popolo a sua volta risponde» (SC 33). Ciò richiede che vi sia una reale partecipazione dell’assemblea, per dare spazio anche all’esperienza laicale: si pensi alla preghiera dei fedeli o ad altri momenti di condivisione, seguendo l’invito di san Paolo: «La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente» (Col 3,16).
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